Garbatella,  Italiano

Garbatella

L’utopia di una città-giardino

Il quartiere, una delle due città-giardino di Roma, fu progettato con edifici a bassa densità immersi nel verde per dare un alloggio dignitoso e salubre alla classe operaia.


La storia

Sulla collina di San Paolo, a ridosso del Tevere, venne prevista nel primo dopoguerra la realizzazione di un nuovo quartiere residenziale per artigiani e operai. La vicina area dell’Ostiense infatti ospitava numerose attività industriali legate al trasporto marittimo e ferroviario, di cui rimangono tuttora molte testimonianze. La Garbatella conserva la sua vecchia vocazione produttiva nei nomi delle sue strade dedicate ad armatori, ingegneri, navigatori ed esploratori.

Il quartiere, una delle due città-giardino di Roma, fu progettato con edifici a bassa densità immersi nel verde per dare un alloggio dignitoso e salubre alla classe operaia. Il progetto si estende su 26 ettari e si è sviluppato per parti, con piani di costruzione successivi gestiti dall’ufficio tecnico dell’Istituto Case Popolari. La grande economia a cui fu improntata la costruzione degli edifici stimolò nei progettisti una ricerca delle forme e dei dettagli per non rinunciare mai alla qualità complessiva. In tutto il quartiere vengono riproposti stilemi e tipi dell’architettura rurale laziale assieme alle forme del barocchetto romano.

L’itinerario

L’itinerario alla scoperta del quartiere parte dalla fermata GARBATELLA della metropolitana linea B.

Usciti dalla metropolitana, imboccate via G. Pullino e, arrivati in piazza P. Pantera, proseguite poi su via A. Guglielmotti. Vi troverete in piazza Benedetto Brin da dove inizia il nostro itinerario. Il grande edificio che si affaccia sulla piazza, progettato nel 1921 dall’ing. Sabbatini, fa parte del primo nucleo di espansione del quartiere e presenta simbolicamente al suo centro l’arco di ingresso alla città-giardino della Garbatella. L’utilizzo di materiali poveri come tufo, laterizi a vista e intonaco è sapientemente dosato per esaltare nicchie, mensoloni, logge e altane. L’espediente del passaggio coperto serve a segnare il distacco dalla città fatta di grandi isolati intensivi e a farci entrare in una dimensione spaziale completamente diversa.

Attraversate l’ingresso coperto e avrete l’impressione di trovarvi in un piccolo borgo rurale lontano dalla città.

L’arco di ingresso in P.za B. Brin

Superato l’ingresso, al primo incrocio girate a destra in via della Garbatella e subito dopo a sinistra in via delle Sette Chiese. Questa strada di origine tardo imperiale che collegava la via Ostiense con la via Appia divenne di grande importanza con la diffusione del cristianesimo. Su questa direttrice infatti insistono alcune delle catacombe del primo periodo cristiano, quelle di Commodilla, di Domitilla e di S. Callisto, e le due basiliche di S.Paolo fuori le Mura e di San Sebastiano.

Appena imboccata via delle Sette Chiese notate sulla sinistra un complesso residenziale del 1928 ad opera dell’arch. A. Vicario. Il fronte dell’edificio arretra improvvisamente lasciandovi al centro di uno spazio monumentale ad emiciclo. Al centro un avancorpo su alto basamento scandito da un ordine gigante di lesene sorregge un timpano spezzato coronato da vasi decorativi.

Svoltate a sinistra e procedete lungo via E. Cravero fino ad arrivare in piazza Bartolomeo Romano.

Il complesso residenziale in via delle Sette Chiese

Arrivati in piazza Bartolomeo Romano, vi trovate in uno dei luoghi identitari del quartiere. Nel 1927 vengono progettati dall’arch. I. Sabbatini due edifici polifunzionali che presentano al piano terra dei servizi pubblici per il quartiere e ai piani alti residenze economiche.

Il più scenografico dei due complessi è senza dubbio quello con facciata semicircolare che ospita nel volume più basso la sala del teatro Palladium. L’architetto con un gioco prospettico arretra la facciata delle residenze facendola diventare una quinta teatrale sormontata da un piano attico a forma di tempio.

L’edificio del Teatro Palladium

Il secondo edificio polifunzionale si trova sull’altro angolo della piazza ed è caratterizzato anch’esso da un vago richiamo di elementi tipici dell’architettura romana imperiale. Il complesso gioco volumetrico in facciata è sormontato da un’ampia finestra termale romana. Questo edificio ospitava al piano terra e al seminterrato i bagni pubblici, che sono stati in funzione fino agli anni ’60 del novecento.

L’ingresso ai bagni pubblici

Costeggiando gli ex bagni pubblici, proseguite su via E. Ferrati e girate a destra in via G. Obizzo. In questa parte del quartiere più che in altre si percepisce la volontà di organizzare la vita degli abitanti attorno a spazi verdi semipubblici di pertinenza di ogni singolo lotto. Continuate lungo la strada e, oltre la scalinata, vi troverete in piazza E. Masdea. Da qui imboccate a sinistra via C. Randaccio e proseguite la passeggiata osservando i dettagli pittoreschi diffusi lungo tutto il percorso. Proseguite fino all’incrocio con via D. Chiodo, girate a destra e alla fine della strada imboccate via G.B. Magnaghi sulla destra.

Villino in via C. Randaccio

Arrivati in piazza N. Longobardi potete osservare la “Scoletta”, l’asilo del quartiere, progettato dall’ing. I. Sabbatini nel 1927. Il complesso è un riadattamento di un antico casino di campagna del XVI secolo, di cui rimane il padiglione centrale, al quale l’ing. Sabbatini aggiunse due ali laterali per creare un cortile interno chiuso su tre lati. Il prospetto dell’antico casino presenta un portico a tre campate con colonne tuscaniche al piano terra e una loggia sorretta da colonne ioniche al primo piano. Il risultato dell’integrazione tra l’edificio novecentesco e il casino rinascimentale è perfettamente armonico.

La “Scoletta”

Proseguite lungo via G.B. Magnaghi, la strada è interrotta da un portico ad archi in mattoni; passandoci sotto ci si ritrova in piazza D. Sauli, un altro dei luoghi simbolo del quartiere.

L’edificio dall’aspetto monumentale che trovate di fronte a voi è una scuola progettata nel 1931 dall’arch. A. Brunetta. L’edificio è costituito da due ali a forma di C di quattro piani l’una e da un corpo di collegamento di due piani coronato da una torre con cupolino in metallo. L’edificio, riveste una grande importante dal punto di vista urbano perché connota fortemente un luogo centrale della Garbatella. La scomposizione dei volumi e una ricerca del decoro geometrico stilizzato, lo inseriscono a pieno nel gusto decò di quegli anni.

La scuola di piazza Damiano Sauli

Sulla sinistra della piazza trovate invece il secondo edificio monumentale, visibile con la sua cupola da quasi ogni angolo del quartiere, la chiesa di S. Francesco Saverio, progettata anch’essa nel 1931 dall’arch. A. Calza Bini. L’edificio parrocchiale presenta una facciata con due colonne, che incorniciano l’ingresso principale, e un sistema di paraste e decorazioni in travertino che risaltano sulla struttura di mattoni. La facciata è coronata da un semplice timpano in travertino sorretto da un arcone in mattoni che ospita al suo interno un finestrone sagomato che da luce alla navata centrale. L’interno, a croce latina, è composto da tre navate. Quella centrale più alta è coperta con volta a botte. L’ambiente è molto luminoso grazie alle alte finestre del tamburo e a quelle più piccole delle navate laterali.

La parrocchia di S. Francesco Saverio

Costeggiate il fianco destro della chiesa e svoltate a destra in via C. Borri. Sulla vostra sinistra troverete uno degli ultimi lotti edificati del quartiere ma forse uno dei più particolari. Questo lotto, il numero 24, venne realizzato come esempio di città-giardino e presentato al XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori, svoltosi a Roma nel 1929. La planimetria generale del lotto, di forma triangolare, viene progettata per ospitare case bifamiliari, quadrifamiliari e case a schiera. Dopo quattro mesi dalla presentazione del progetto, il lotto era completamente edificato. Essendo un progetto sperimentale, l’aspetto degli edifici è improntato ad una più sobria modernità.

L’edificio più particolare dell’intero lotto si trova all’incrocio tra via C. Borri e via delle Sette Chiese e venne progettato dall’arch. M. De Renzi. Questa piccola residenza cubica nasconde una saggezza progettuale che ha saputo fondere le regole delle proporzioni classiche con un aspetto decisamente più moderno. Il prospetto principale su via delle Sette Chiese appare molto compatto. Tuttavia viene bucato al centro da una profonda loggia colonnata, dalla quale sporge un balconcino semicircolare, e viene sormontato da un semplice timpano triangolare bucato anch’esso al centro da una finestra ad arco. Il risultato finale è di composta eleganza.

Il villino n°1 del lotto 24

Proseguendo in via delle Sette Chiese, si arriva in Piazza S. Eurosia, che prende il nome dalla prima parrocchia del quartiere, una piccola chiesetta di campagna fatta edificare nel 1818 dal Mons. N. M. Nicolai. La facciata della chiesa, con ingresso su via delle Sette Chiese, presenta un portico ad archi di grande semplicità, sormontato da un timpano triangolare che riporta l’iscrizione di dedica e fondazione del tempio.

Sempre sulla piazza si può notare un complesso edilizio con ingresso ad arco che collega due corpi di fabbrica simmetrici. Il piano terra, che ospita delle botteghe, segue l’andamento della strada, le residenze dei tre piani superiori invece arretrano creando due quinte cieche e concave che invogliano lo sguardo verso l’ingresso.

Attraversate l’arco e passeggiate lungo via A. Rubino, l’asse principale di questo insediamento, che venne edificato per dare un alloggio salubre ai baraccati espropriati dagli sventramenti del centro storico di Roma.

L’ingresso ad arco in piazza S. Eurosia

Continuando a passeggiare lungo via A. Rubino, dove si incontrano edifici piuttosto modesti e anonimi, si arriva al punto focale di questo insediamento: piazza G. Sapeto. Come accade in tutto il quartiere, la modellazione degli spazi pubblici segue un’impostazione barocca che tende a stupire in continuazione l’osservatore. La piazza è infatti delimitata sul fondo da due edifici monumentali sui cui angoli si aprono due arconi di ingresso ai lotti; essa diventa quindi punto di arrivo ma anche luogo di ripartenza, lasciando che il passante traguardi attraverso gli archi.

piazza G. Sapeto

Attraversate la piazza e imboccate la lunga scalinata centrale che vi porterà ad uscire dall’insediamento dove ci aspetta un’ultima curiosità, prima di dirigerci verso l’ultima tappa del nostro itinerario.

Al termine della scalinata sull’angolo destro possiamo notare un grande orcio decorativo in terracotta, sorretto da un alto basamento bugnato in pietra. Alla base la Fontana Carlotta, una fontana col bassorilievo di un volto femminile che getta lo zampillo d’acqua nel catino sottostante. La figura, secondo la leggenda, sarebbe l’ostessa Carlotta, talmente gentile con i viandanti della campagna romana da essere definita “garbata” da cui, per estensione, il nome del quartiere: “La Garbatella”.

La Fontana Carlotta alla base della scalinata

Lasciatevi la Fontana Carlotta alle spalle e svoltate a destra su via R. de Nobili e, arrivati in piazza G. Bonomelli, imboccate viale G. Massaia procedendo verso circonvallazione Ostiense.

In questa porzione del quartiere, l’ultima ad essere costruita in ordine temporale, vennero edificati gli Alberghi suburbani, grandi edifici per alloggi temporanei alle famiglie sfollate dagli sventramenti del centro storico di Roma. La forma degli edifici non segue il perimetro degli isolati ma si sviluppa sulle bisettrici, creando uno spazio urbano dinamico in cui ogni ambiente interno è orientato secondo la migliore esposizione solare e con una corretta aerazione. Tutti gli alberghi vennero poi trasformati in residenze permanenti.

Il più famoso degli Alberghi suburbani è l’Albergo Rosso, progettato dall’ing. I. Sabbatini nel 1927 e si differenzia dagli altri per il suo intonaco color rosso e per la torre dell’orologio che svetta al centro di uno dei lati lunghi. Sui lati corti la facciata dell’albergo diventa concava e accoglie nella parte bassa un portico convesso che marca uno degli ingressi all’edificio. L’albergo nella sua semplicità decorativa, esprime una grande forza visiva dovuta al continuo articolarsi dei volumi e delle forme ora concave, ora convesse. Al suo interno erano stati costruiti i servizi pubblici di asilo e mensa dalla caratteristica cupola ellittica, che purtroppo venne distrutta durante i bombardamenti del 1943.

Ritornate ora in piazza Michele da Carbonara e imboccate via I. Persico, proseguendo fino alla fine della strada, dove troverete nuovamente l’ingresso della metropolitana e dove si conclude la nostra visita alla Garbatella.

L’Albergo Rosso