Flaminio,  Italiano

Flaminio

A passeggio tra la “Piccola Londra” e le collezioni del Maxxi

“A partire dagli anni ’90 del Novecento, il quartiere è al centro di una delle riqualificazioni urbane più riuscite della città.”


La storia

La prima ansa del Tevere a nord del centro storico racchiude questo quartiere che ha iniziato il suo sviluppo edilizio nei primi anni del XX secolo. Attraversato dalla via Flaminia, dalla quale prende il nome, quest’area rimase a lungo inedificata a causa degli allagamenti stagionali del fiume. I primi progetti risalgono all’epoca napoleonica (1809-1814) quando il prefetto francesce Camille de Tournon, volendo adeguare la città agli standard delle maggiori città europee, progettò la sistemazione a parco dell’intera area. Il progetto non venne mai realizzato per la scarsa durata della prefettura francese di Roma.

Agli inizi del XX secolo iniziarono a sorgere i primi stabilimenti industriali ai quali seguirono in breve tempo i primi edifici per abitazione. La svolta che imprimerà la vocazione culturale al quartiere è quella dell’Esposizione Internazionale del 1911, organizzata per celebrare i primi cinquant’anni dall’Unità d’Italia.

L’attività edilizia si consolidò fino al dopoguerra, quando l’area venne scelta per ospitare il villaggio Olimpico ed alcuni impianti sportivi per i Giochi Olimpici del 1960.

In periodi più recenti, a partire dagli anni ’90 del novecento, il quartiere è al centro di una delle riqualificazioni urbane più riuscite della città. Vengono inaugurati il nuovo Auditorium (2002), il Maxxi – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo (2010) ed il Ponte della Musica (2011) che riaffermano la vocazione culturale del quartiere e producono una sensibile rivalutazione del mercato immobiliare.

L’itinerario

L’itinerario alla scoperta del Flaminio parte dalla fermata ANKARA del Tram n°2 dir. Mancini, facilmente raggiungibile dalla fermata metro FLAMINIO della linea A.

Scesi dal tram attraversate il viale ed arrivate in via Flaminia n.287. Senza indugi aprite il cancello pedonale ed entrate in questa piccola strada privata. Improvvisamente vi sentirete accolti in una atmosfera intima, molto lontana dal rumore dello sferragliare dei tram. Questo insieme di case a schiera venne progettato dall’architetto Quadrio Pirani nel 1909 in attuazione del nuovo piano regolatore voluto dal sindaco anglo-italiano Ernesto Nathan che inaugurò una nuova stagione di grandi progetti per modernizzare la città. L’aspetto esterno delle residenze ricorda molto la tipologia delle case inglesi di epoca vittoriana con l’accesso sulla strada tramite una piccola scala e un piccolo giardino sul fronte. Questa strada, nota come “Strada inglese” o “Piccola Londra”, con la sua identità riservata ed elegante è diventata negli ultimi anni uno dei luoghi pregiati del quartiere.

Arrivati sul fondo della strada, uscite dal cancello pedonale e vi troverete su viale del Vignola.

“Piccola Londra”

Usciti su viale del Vignola, attraversate, dirigetevi verso via Donatello ed entrate al numero 50. Avete appena varcato la soglia di Villa Riccio, che prende il nome dal ministro dell’Economia e delle Ferrovie che nel 1919 ne promosse la costruzione su progetto dell’ing. E. Negri. Si tratta di una cooperativa edilizia che realizzò uno degli esempi meglio riusciti di “gated community” nella Roma di inizio Novecento. Villa Riccio si compone di edifici più alti e intensivi sul perimetro e di palazzine immerse nel verde nella zona centrale. Il target di questo sviluppo immobiliare era la crescente borghesia impiegatizia che richiedeva standard abitativi sempre più moderni. L’impressione che si ha passeggiando per i viali interni è di grande quiete e di una qualità di vita molto alta, lontana dalla frenesia dei grandi viali del quartiere. Negli anni della speculazione edilizia questo complesso ha rischiato l’abbattimento per fare spazio ad un complesso abitativo moderno, come successo in altre parti del quartiere.

Continuate ad attraversare trasversalmente il comprensorio ed uscite dal cancello pedonale su via R. Stern.

Villa Riccio

Attraversate via R. Stern e imboccate via G. Muziano. Improvvisamente vi troverete in una piccola piazza che ricorda gli angoli di alcune piazze del centro storico. Tale effetto è stato volutamente ricercato dal progettista, l’arch. A. Limongelli, incaricato nel 1926 di realizzare un complesso di edilizia popolare che non fosse solo un insieme di edifici ma uno spazio urbano, in cui gli edifici sono la quinta teatrale di un luogo dal forte carattere identitario. Al contrario di Villa Riccio, chiusa verso l’esterno, questo intervento si apre al visitatore e lo invoglia a percorrere lo spazio. L’architetto utilizza le forme del barocchetto romano, con una serie di allusioni a stilemi e immagini di berniniana memoria, come ad esempio le due fontane di travertino con sculture di delfini. Gli edifici, che recano sulle facciate dei motti latini, fanno parte delle cosiddette facciate parlanti di Roma. Proseguendo verso piazza Melozzo da Forlì ci lasciamo alle spalle questa deliziosa piazza e proseguiamo il nostro itinerario.

Piazza Perin del Vaga

Svoltate a sinistra su viale del Vignola ed arrivate fino in piazza Gentile da Fabriano. Questa piazza alberata sul lungotevere è il fulcro da cui si dipana il tridente di strade disegnato dal Piano Regolatore del 1909. Le tre arterie, viale del Vignola/via Guido Reni/viale del Pinturicchio, disegnano l’ossatura urbana del quartiere e convergono lì dove il Piano Regolatore prevedeva un attraversamento sul fiume per il collegamento con il quartiere Delle Vittorie.

Il ponte è stato realizzato soltanto nel 2011, quando l’amministrazione comunale con concorso internazionale, selezionò il progetto dello studio inglese Buro Happold. Il ponte, di tipo strallato, supera i 200 metri di distanza tra le due sponde con due poderosi archi in acciaio inclinati rispetto all’impalcato. Il ponte è stato progettato per il passaggio di pedoni e di una linea tramviaria che dovrebbe collegare l’Auditorium e il Maxxi lungo via Guido Reni per poi collegarsi al quartiere Delle Vittorie attraverso il ponte. Il candore del bianco delle arcate si staglia contro le pendici boscose di Monte Mario con la sagoma dell’Osservatorio Astronomico.

Ponte della Musica

Dando le spalle al Ponte della Musica si imbocca via Guido Reni. Iniziando a percorrerla si scopre la vita del quartiere, fatta di piccoli negozi, del mercato rionale ma soprattutto di grandi caserme. Questa, insieme all’aspetto culturale, è stata per lungo tempo l’altra identità del Flaminio. Negli anni ’90 del Novecento si iniziarono a dismettere i grandi isolati occupati dalle caserme; l’area della caserma Montello venne scelta per ospitare un nuovo museo di arte e architettura contemporanea che fosse anche un laboratorio per gli artisti emergenti. Il Ministero dei Beni Culturali bandì un concorso internazionale di progettazione che venne vinto dall’architetta anglo-irachena Zaha Hadid. Il progetto vincitore riassume in sé tutte le caratteristiche previste dal concorso: versatilità degli spazi, iconicità e non ultimo un rapporto con il contesto urbano.

Entrate all’interno della piazza pedonale che costeggia il museo. Costruito interamente in cemento armato a vista, è “come un Guggenheim srotolato in percorsi di spazio continuo” come lo ha definito la giuria del World Architecture Festival nel 2010, in occasione del premio come miglior edificio dell’anno. L’aspetto esterno perfettamente liscio è stato possibile grazie alla messa a punto di un cemento auto compattante in grado di modellare come una scultura l’intero edificio. Il lungo percorso espositivo inizia dall’atrio a tutta altezza e finisce sul punto più alto, dove un volume aggettante si affaccia sulla città con una grande parete vetrata. Il museo vale sempre una visita, sia per le collezioni permanenti che per le mostre temporanee, date uno sguardo alla programmazione!

MAXXI

Uscite dalla piazza pedonale e proseguite verso sinistra lungo via Guido Reni. Nelle immediate vicinanze del Maxxi potete osservare la Basilica di Santa Croce al Flaminio, edificata nel 1913 dall’ing. A. Leonori. Qui, secondo la tradizione, l’imperatore Costantino I fece annunciare la fine delle persecuzioni contro i cristiani. Lo stile scelto per il progetto della chiesa è quello basilicale romanico. La facciata presenta un portico con sei colonne in granito con capitelli ionici ed è sormontata da un coronamento a guscio, ripreso dalla Basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, impreziosito da un mosaico di Biagio Biagetti. L’alto campanile che svetta sul fianco destro ripete le forme tipiche dei modelli romanici laziali.

Santa Croce al Flaminio

Proseguendo lungo via Guido Reni si arriva all’incrocio con via Flaminia oltrepassato il quale, in direzione dell’Auditorium Parco della Musica, si impone sulla sinistra la sagoma del Palazzetto dello Sport. E’ questa una delle più pregiate architetture realizzate per le Olimpiadi del 1960 dall’ing. Pier Luigi Nervi. L’impianto è studiato per accogliere con la massima flessibilità discipline sportive molto diverse tra loro ed ha una capienza variabile dai 4000 ai 5000 spettatori. La sala circolare ha un diametro di 50 metri ed è coperta da una calotta sferica, sostenuta esternamente da 36 cavalletti a forma di ipsilon, disposti sul perimetro. L’inserimento dell’edificio in un vuoto urbano ne aumenta la percezione monumentale.

Palazzetto dello Sport

Continuiamo il nostro percorso passando sotto il viadotto di Corso Francia, importante opera viaria che convoglia il traffico proveniente dai quartieri nord verso i Parioli e il Flaminio. Subito sulla destra troviamo un lungo porticato animato da caffè e libreria che ci introduce al Parco della Musica. Il complesso, a firma dell’architetto genovese Renzo Piano, è il punto di arrivo di una lunga storia, tutta romana, che parte dal lontano 1934 allorché venne demolito il vecchio auditorium ospitato all’interno del Mausoleo di Augusto. La scelta del luogo di costruzione del nuovo auditorium animò tutto il dopoguerra, finché nel 1993 su pressioni dell’Accademia di Santa Cecilia, si scelse l’area ai margini del Villaggio Olimpico. L’auditorium è formato da tre sale indipendenti da 2700, 1200 e 700 posti, rispettivamente per le grandi orchestre di musica sinfonica, per la musica da camera e il balletto, per la musica contemporanea e le attività sperimentali. Le sale sono pensate come grandi casse armoniche foderate di legno di ciliegio all’interno e rivestite con lastre di piombo all’esterno, che ricordano il rivestimento tipico delle cupole della città. I tre gusci sembrano quasi sospesi sulla muratura in mattoni che riveste tutte le superfici esterne del complesso e sono disposti simmetricamente attorno ad una cavea all’aperto per 3000 spettatori. Durante la costruzione dell’edificio il ritrovamento di una villa di epoca romana ha sensibilmente modificato il progetto che ha incluso al suo interno anche un piccolo museo archeologico. Tutto il complesso è costruito su un pendio artificiale sul quale è stata pensata una fitta vegetazione per porlo in relazione con la vicina Villa Glori.

Entrate all’interno della cavea e se possibile, fate un giro all’interno dell’area verde salendo la rampa sulla sinistra della cavea.

Finito il giro attraversate via P. de Coubertin e proseguite sulla sinistra ripassando sotto il viadotto di Corso Francia e costeggiando il Palazzetto dello Sport. Poco prima di arrivare alla fermata Carracci del tram n°2, dove si conclude il nostro itinerario, prestate attenzione alla grande scultura rossa che si trova all’incrocio con viale Tiziano. Si tratta dell’opera “Goal!” dello scultore Mario Ceroli, realizzata per i Mondiali di Calcio del 1990 e attualmente in completo stato di abbandono.

Auditorium “Parco della Musica”